Perché fantasiosa? Iniziamo col dire che le piante che si vendono meglio sono quelle regolari, quelle che stanno composte nel vasetto e crescono onorando esattamente lo schema Fibonacci. Aeonium sedifolium non è né regolare né tantomeno inquadrabile o domabile. Fa di testa sua.
Con quale criterio i grandi vivai scelgono cosa coltivare?
Troviamo sempre Aeonium sedifolium in vendita in vasi molto piccoli, di solito 5,5 centimetri. Questo perché da piccolo ha un aspetto bello ordinato. Si piantano come talee le cime delle piante adulte e se ne ottengono alberelli regolari, ma poi cosa succede? La talea diventa una vera pianta, con un suo carattere e un suo modo di essere unica: si piega e si appoggia di lato cercando di radicare ovunque trovi terra. Nella sua nuova forma non può essere impacchettata in modo standard.
Ecco un dilemma che non troverà risposta! In un mondo dove non c’è spazio per i “diversi” la bellezza ha la forma che sta nel vassoio di plastica da 24 o 36 vasi, senza rubare spazio al vicino, e senza occupare nemmeno un millimetro in più della circonferenza del buco studiato per contenere il vasetto di plastica. Non c’è storia per gli Aeonium sedifolium adulti!
Largo ai ribelli, ai diversamente giovani e agli spernussi!!! (quindi ad Aeonium sedifolium)
col termine spernus a Parma si indicano gli spettinati, ma affettuosamente. Cioè: uno che ha i vortici in testa sarà sempre spernus, anche se si è appena acconciato i capelli, e farà simpatia, proprio per quella differenza di andamento che ostinatamente i suoi ciuffi vorranno seguire.
Aeonium sedifolium viene dalle Canarie, ha foglie simili più a quelle di sedum che a quelle classiche degli aeonium, sono appiccicose e “dipinte” all’estremità da una leggera pennellata rossa. Io li tengo a mezz’ombra ma non escludo che posizionati al sole possano stare bene. La difficoltà del tenerli al sole è che spostandoli dal ricovero invernale al sole pieno possano ustionarsi. L’ombra totale invece toglie loro la vivacità della pennellata. Resiste bene all’inverno a +6° se poco annaffiato. Annaffiatura estiva settimanale, con terriccio per piante grasse ben drenante.
L’importanza del vaso adatto
Tieni conto della sua natura nel sistemare questa deliziosa pianta in un nuovo vaso. Un contenitore pesante ti consentirà di coltivarla anche quando si sposterà rispetto al baricentro del vaso e di ammirarla com’è davvero, senza l’artifizio della potatura.
perdonami la coroncina natalizia, se proprio ti è impossibile sopportare l’asimmetria puoi mettere un minerale, un sasso, uno gnometto o un elfo nella parte “vuota” del vaso
Conclusioni
Se ami le piante lasciale crescere assecondandole, ti sorprenderanno con una forma adulta che forse non avevi mai immaginato.
E’ fiorita in questi giorni Huernia pendula. Cellulare alla mano mi parte la compulsione delle foto. Sembra quasi più importante fotografare che godersi il momento. C’è instagram che aspetta per condividere con gli amici virtuali, c’è il sito che aspetta le foto per poter vendere piante (e riuscire a sopravvivere in un momento così complicato). Ci sono gli amici reali, quelli che trascuro per via del lavoro e del virtuale, a cui comunicherò di essere ancora viva tramite la foto di un fiore.
fotografia: un mondo misterioso (Huernia pendula fa emergere le lacune)
non so esattamente quante foto scatto ogni giorno, tutte da dilettante, come mezzo ho un telefonino smarzo. Rimando il corso di fotografia a quando avrò tempo e a quando smetterò di dirmi -tanto ormai…- (da notare che il corso me lo farebbe mia figlia da remoto visto che è il suo mestiere e non ho nemmeno la scusa del costo, conto sullo sconto 🙂 )
Fotografando Huernia pendula mi sorge la solita domanda: ma perché cavolo non è fotografabile? Perché il colore non somiglia nemmeno a quello reale? Cosa sbaglio? Propongo un esempio:
queste due foto sono state fatte con la stessa luce su fondo di colore diverso. Nessuna delle due è fedele alla realtà.
IL COLORE REALE è quello sotto che però non ci permette di vedere i particolari della pianta, bitorzoli e sfumature non sono visibili
troppo scura per vederla bene, eppure questo quasi nero è la sua bellezza.
lasciando perdere le solite filosofate su quanto sia reale quello che vediamo e su quando sia soggettiva la nostra visione delle cose, mi attivo per fare foto migliori.
Huernia pendurata, basta foto! Parliamo della pianta
Asclepiadacea non comune, di piccola taglia, resistentissima alla siccità, sensibile alla botrite e ai marciumi da troppa acqua. Resiste al sole ma preferisce la mezz’ombra. Nel trovarle un angolino ideale per la coltivazione, dobbiamo tenere conto che spesso in natura le piante così piccole godono del riparo di sterpaglie. Fiore quasi nero, autunnale. Tende a crescere strisciando, emette radici ovunque tocca il terreno. I fiori sono rivolti verso il basso, la parte sopra, cioè il “retro” del fiore è questo:
per vedere altre foto (migliori di queste, perché i fiori vicino al nero sono davvero pochi)puoi seguirmi su instagram.
è quasi imbarazzante scrivere dopo tanto tempo, un po’ come quando non ci si telefona o non ci si scambiano messaggi con una persona cara e si resta lì, bloccati dal dubbio: é troppo tardi? Avrei dovuto farmi sentire prima?
E’ andata così: tra i tanti casini che riempiono le mie giornate, ho pure aperto una pagina su Instagram, poi ho arrancato per mettere foto ogni giorno e avere un minimo di visibilità. Risultato? Ho trascurato il blog e anche un poco la serra, visto che le mani son sempre due e le ore sempre 24. Le mie passioni sono la scrittura e la coltivazione, ha senso fare altro? Sono sempre più legata al cellulare e sempre meno alla parte meditativo-cazzeggiante dell’osservazione delle piante. La pagina è bella (credo 🙂 ricca di foto giornaliere (quella sotto è di ieri) ma lo scambio verbale è ben altra cosa, forse più adatta a me.
è tempo di Lithops e Conophytum: i generosissimi !
grazie Gabriella!
Oggi Gabriella ha lasciato un commento entusiasta sul primo fiore della sua Orbea variegata e io ho capito quanto mi sto perdendo. NON ho visto parecchie cose quest’anno. Perdendo fioriture, nascite e crescite microscopiche delle piante, mi sento più ignorante e meno ricca. Grazie a lei, che mi conosce perché ha avuto la pazienza di leggere il mio libro, io faccio un passo indietro e mi/vi scrivo. Ho deciso di ripartire con le schede delle piante, che sono poi le parole che seguono la gioia dell’osservazione, e altro. Credo che riprenderò l’idea iniziale del blog: descrizione della vita di campagna, con rucola e aromatiche varie, casini, tanti cactus e tantissime succulente, così come viene, in amicizia. Scrittura, coltivazione e imbarazzo superato. Il messaggio di Gabriella è qui: https://millaboschi.com/wp-admin/edit-comments.php
il mio libro è in vendita qui, senza spese postali
se qualcuno avesse voglia di leggerlo o di regalarlo. Ne parlo poco perché ho sempre paura che pensiate che voglio vendervelo per forza 🙂 🙂 ma sappiate che non è così.
Ne sono molto fiera e ogni tanto (abbiate pazienza) lo metterò.
Sta arrivando l’estate e sembra fuori tempo parlare di freddo? ASSOLUTAMENTE NO! Occorre preparare in anticipo le aiuole invernali per dare tempo alle piante grasse rustiche di adattarsi.
Dopo aver letto decine di articoli a proposito di piante grasse RUSTICHE sento di poter affermare che questo è un termine veramente da elasticizzare un po’ per adattarlo a noi.
Si definiscono piante grasse rustiche quelle che possono vivere, o almeno sopravvivere in pieno campo per tutto l’anno.
È chiaro che interpretando alla lettera, senza alcuna postilla, per le nostre grasse il tema si riduce a tutti i sempervivum, qualche sedum ed Euphorbia e poche opunzie. Decisamente poco per la nostra passione. Meglio sperimentare, magari creando …un campo adatto.
Ma come farlo? Tra le nostre piante abbiamo esemplari magari unici o troppo giovani o forse adatti ma…tutti troppo di famiglia per essere sacrificati!
Solitamente i miei esperimenti durano fino a metà novembre cioè fino a quando le piantine mi guardano con aria così “raffreddata” da costringermi a desistere.
Sicuramente meno doloroso utilizzare le esperienze altrui, ma le condizioni climatiche sono diversissime, anche a pochi km di distanza. Basta la leggera corrente d’aria presente nel letto dei fiumi per cambiare l’intensità della nebbia per cui, da Bannone a Lesignano ( 2 km in linea d’aria) c’è uno scarto di …molte agavi, mammillarie, echinopsis ecc. ecc. per questo motivo le indicazioni di vari cataloghi qualche volta ci hanno delusi.
Per quanto riguarda il “pieno campo” dalla definizione iniziale, occorre ricordare che il nostro terreno argilloso è asfittico e mal drenato per le esigenze delle succulente.
Opuntia scheerii in piena terra, esposta a gelo e neve da più di vent’anni
Creare il luogo adatto per le piante grasse rustiche
Indispensabile quindi creare una roccaglia per svernarle all’aperto.
Purtroppo la roccaglia non può essere composta solo da un paio di sassi come pensavo (considerate le mie forze) ma deve essere abbastanza alta da permettere il rapido scolo delle acque e avere una buona pendenza verso sud per catturare tutti i raggi del sole.
Per limitare le inevitabili perdite occorre:
conoscere il luogo di provenienza delle piante (non solo altitudine ma anche longitudine)
utilizzare piante non molto giovani e non troppo vecchie
predisporre le “aiuole” in primavera per permettere all’apparato radicale di svilupparsi al meglio durante l’estate
concimare in settembre con potassio e fosforo per irrobustire la pianta e aiutarla nel lavoro di concentrazione dei succhi cellulari che evita la formazione di ghiaccio all’interno degli articoli
tenere le piante in serra fredda l’inverno precedente l’impianto definitivo all’aperto
ricordare che oltre all’intensità del gelo è importante, per la sopravvivenza delle cellule, il suo protrarsi in ore e giorni, quindi possiamo aiutarci con qualche telo di tessuto non tessuto come pronto soccorso per allentarne un po’ la morsa in annate eccezionali.
Gli studi più approfonditi che ho trovato sono stati fatti in zone della Francia in cui gela per circa due mesi l’anno, quindi un po’ meno che da noi, ma loro, i fortunelli, non hanno nebbia e su questo dovremo sperimentare…in proprio.
*SEDUM acre, sexangulare, album, telepiastrum, reflexum vive in Russia!,spurium, forsterianum, alpestre, telephium (ha tuberi che in primavera riformano la pianta apparentemente morta durante l’inverno)
*GYMNOCALICIUM bruchii, gibbosum, brachypetalum
*NOTOCACTUS submammulosus
*OPUNTIA humifusa, fragilis, polyacantha, ericacea, macrorhiza, aculEata (tutte le opunzie americane vengono dalle montagne rocciose al nord del 31° e 34° parallelo, quasi una garanzia!), tuna (teme più la siccità del freddo), huajapensis e joconostele(gelano a -5 ma poi ricacciano e i nuovi polloni sono più resistenti), compressa (-26!), Scheeri.
*TEPHROCACTUS darwinii
Euphorbia characias nata in cortile da seme mooolti anni fa
*OPUNTIA ericacea, basilaris, polyacanta var. rufida, clorotica, engelmannii, macrocentra, tuna ( resiste bene da noi anche protetta solo da un telo), phaeacantha (la varietà comanchica resiste a – 15).
*ORTEGOCACTUS –7
*TALINUM
*THELOCACTUS macdowelli
*TITANOPSIS –4
Tollerano sporadiche gelate
*YUCCa filamentosa, glauca
STANNO BENE IN SERRA FREDDA
*ALOE saponaria, ristata, brevifolia
*CLEISTOCACTUS, COOYOCACTUS, ECHINOPSIS, GYMNOCALICIUM, LOBIVIA, OREOCEREUS, PARODIA, REBUTIA, TRICHOCEREUS, WEIGARTIAE, WIGGINSIA, qualche CEREUS e qualche NEOPORTERIA, GEENOVIA (-6), THELOCACTUS macdowellii
*EUPHORBIa dendroide, resinifera
*LEWISIA
Per quanto riguarda la temperatura della SERRA RISCALDATA , l’esperienza che ho è lunga 20 anni.
Mantengo una minima invernale da 5 a 7 gradi con puntate di massima a 37 nelle giornate soleggiate di gennaio.
Non bagno (orrore!!! Nemmeno le haworthie! per non creare umidità pericolosa per le cactacee) da fine ottobre al 28 febbraio. Arriviamo (io e le piante) alla ripresa vegetativa senza danno, è capitato di dover fare trattamenti preventivi con fungicida per paura di non saper gestire al meglio l’areazione invernale
Tornando alla rusticità, ricordiamoci che, a volte, bastano un muretto, una siepe, addirittura un grosso vaso per avere una zona più dolce. RICORDIAMO CHE NELLE ZONE MOLTO NEBBIOSE TUTTO QUANTO ABBIAMO DETTO FIN QUI VA RIDIMENSIONATO: le piante “bevono” la nebbia e rischiano molto di più.
Sono sicura che sperimentando personalmente troveremo angoli riparati, sicuri e unici, nei nostri spazi, per creare nicchie di coltivazione molto soddisfacenti.
Lo spirito di sopravvivenza delle nostre piante ci stupirà ancora!!!!
Naturalmente per tutte le centinaia di piante che sono rimaste fuori da questa breve lista attendo notizie delle vostre ricerche. Partendo dalla convinzione che sono escluse “dall’aperto” in Europa solo le piante equatoriali come melocactus, Uebelmannia e peresckia c’è parecchio da provare, anzi, ricordo di aver visto non so dove una bella foto di melocactus sotto la neve. Certo sarà stato un evento straordinario, però…è stato! Quindi…
Crassula “Buddha’s Temple” è una deliziosa pianta dalle dimensioni ridotte che attira l’attenzione per l’aspetto “a pagoda”. Si tratta di un ibrido prodotto nel 1959 tra Crassula pyramidalis e Crassula perfoliata var. falcata.
foglie perfettamente compatte
“non amo gli ibridi”
ecco una frase che ho ripetuto spesso e che mi devo rimangiare. Rimangiare nel senso vero della parola se parliamo di frutti o di verdure abilmente ibridate per una resa produttiva migliore. Nel caso di “Buddha’s Temple” l’aspetto così orientale è irresistibile. Le foglie piatte, disposte in file da quattro con gli angoli esterni leggermente sollevati la rendono molto simile a un tempio.
In terriccio ricco diventerebbe più bella, più verde e più grande, perdendo però la compattezza che la identifica. Coltivando una pianta quasi tutti immaginiamo la fioritura come premio per la nostra costanza. Ahimè! la parente monocarpica di crassula “Buddha’s Temple” ci rovinerà la festa: quasi tutte muoiono dopo la fioritura.
fiori senza stelo sull’apice del fusto
come rimediare?
per non perdere la pianta occorre togliere polloni laterali e riprodurla durante l’estate. E’ molto facile, ci può essere qualche difficoltà nella radicazione solo se pretenderemo di farlo in tempo di caldo torrido. Il periodo in cui ho avuto i risultati migliori è maggio/giugno. Mi sembra bello superare l’ostacolo del “tanto muore” e non privarsi di tanta meraviglia.
eccezioni di Crassula “Buddha’s Temple”
Non tutte muoiono dopo la fioritura, ne ho avuto un clone che entrava in sofferenza ma si ripigliava in un tempo relativamente breve. E’ importante ricordare che le eccezioni esistono (e che si scrive con una z sola per non doverlo cercare su google). Qualche tempo fa scrivendo su fb che avevo una crassula Buddha’s Temple da 5 anni e che era in ottima salute, ho ricevuto un attacco violentissimo da parte di un leone da tastiera, probabilmente inferocito dalla perdita dei suoi esemplari. Internet è uno strumento magnifico ma anche un’arma alla portata di tutti. Probabilmente la mia pianta aveva assorbito poco dell’antenata monocarpica e il leone poco dell’intelligenza dei sui avi.
per info basta un messaggio al 347 4121367 oppure una visita al sito castellarocactus.com dove la troverete insieme a tante altre meraviglie
Ornithogalum sardienii è un piccolo gioiello che svelerà le sue meraviglie solo se saremo abbastanza attenti nell’osservazione. Il bulbo si protegge dal sole con pellicole trasparenti che si screpolano durante la crescita e seccano ma rimangono a protezione della pianta per qualche anno.
scoprire rarità
Meno comune del suo parente Ornithogalum longibracteatum, si potrebbe definire pianta umile per le sue dimensioni ( bulbi max 2 cm diametro) e il suo fogliame filiforme. Come tutte le cose preziose sfuggirà al profano o al distratto.Se invece sei succulentofilo come me e la maggioranza dei lettori di questo blog scoverai Ornithogalum sardienii da lontano e ti sembrerà che ti chiami.
coltivo e riproduco questa pianta da qualche anno e mi sento di poter affermare che è pianta semplicissima. La coltivo con sole schermato in terriccio da cactus, https://millaboschi.com/terriccio-per-piante-grasse/ chiede poca acqua estate e inverno. Da il meglio del suo verde nella stagione invernale ma cresce tutto l’anno. Proviene dal Sudafrica.
fioritura
fiori delicatissimi, in linea con la semplice eleganza della pianta. Fiorisce a luglio quando le foglie sono ridotte al minimo. Dalla foto si vede quanto serva una macchina fotografica per avere macro decenti. Purtroppo con un cellularino (un po’ smarzo) non sono riuscita a fare una buona foto. Rimedierò aggiungendo le istruzioni per l’uso. Dai un’occhiata alla foto e poi chiudi gli occhi e migliora l’immagine con la fantasia. Forse quest’anno riuscirò a fare di meglio, di certo ci proverò. Credo che il documentare con foto ben fatte sia indispensabile per dare un modesto contenuto alla cultura del verde.
Su questa bellissima pianta è ancora raro trovare notizie attendibili e non ho trovato tracce di lei sui miei libri. La ricerca continua con la promessa di integrare le informazioni appena possibile. Del resto cos’è il collezionismo se non curiosità insaziabile?
eccoci a Tijuana, dopo avere sorvolato chilometri di baracche di lamiera stese sulla collina, siamo riusciti a scendere a terra, vetri dell’aereo appannati e dolore alle orecchie, poi il caldo assordante di novembre che sale dall’asfalto, dalla terra battura e dall’emozione di un luogo nuovo, mitico, cantato.
Arrivati a Tijuana
Facce da italiani: la dogana ci controlla i bagagli mentre tutti gli altri, che sono messicani, escono tranquillamente. Tassisti abusivi e non, ci assalgono. Ovunque pubblicità di studi dentistici, Probabilmente il cambio favorevole attira i sorrisi americani. La strada costeggia il confine ma alla mia destra, dove mi aspettavo di vedere l’America c’è solo un alto muro di lamiera che nasconde alla vista San Diego e i suoi lussi.
Tijuana:il muro che divide il Messico dall’America (ma non l’America dal Messico)
Il muro
Immagino dall’altra parte un’ombra fresca, mentre qui il riflesso del sole respinto verso sud ha “strinato” anche l’erba del fosso. E poi iniziano a sfilare di fianco all’auto le croci: di legno malamente conficcate a terra, la maggior parte inchiodate al muro, dritte, ciondolanti, storte, screpolate, con un nome inciso oppure mute. La guida ci spiega che sono i mojado che non ce l’hanno fatta, quelli che non sono arrivati ma non ritornano e senza nemmeno una pausa rispettosa continua a parlare, chiedendo se abbiamo allergie. Sembra tutto normale, c’è da organizzare per la cena.
Normali orrori
Dopo tutto “normale” lo è davvero visto che succede ogni notte. La maggior parte di loro non ha nemmeno la croce ma solo un mucchietto di polvere nel deserto spostata dal vento. I coyote di cui parla Manu Chao sono i traghettatori di queste anime disperate, gli “scafisti” dell’inferno fra Messico e America, il deserto come il mediterraneo.
Magone
Non riuscii a fotografare quelle croci, abbassai in grembo la digitale per non profanare la tomba e piansi. Tra le lacrime, nel riverbero feroce del muro, quelle braccia sembravano muoversi e sentivo mormorii, le borse di plastica sparse sul bordo della carretera sventolavano come fantasmi. L’autista si accorse del mio sentire e attraverso lo specchietto retrovisore mi sorrise e mormorò in un bell’italiano orgoglioso: è andati, non sofriscono. Lui è messicano e sottostà agli ordini secchi della guida che è un genovese dalla faccia da galeotto.
Vil razza dannata
La salita che porta fuori Tijuana è un cantiere, brulica di messicani che continuano la costruzione del muro. Si chiudono dentro? Chiudono fuori gli americani? Forse serve semplicemente un supporto per le croci dei prossimi giorni e loro sono manodopera a basso costo ingaggiata dall’America per crocifiggere sé stessi. Ma Dio dov’è? Forse su una di quelle croci?
Tijuana: il muro ancora in costruzione
Vacanza
andiamo verso il Pacifico, il giorno del viaggio tanto sognato è qui e di certo non posso piangere tutto il tempo, che se ci penso bene non posso farci niente e non è mia la colpa di appartenere alla sciagurata razza umana. Ho la felicità di un’alga spiaggiata ma vado avanti: alla maggior parte del mondo non importa come mi sento nè di questo muro e dei barconi nel mediterraneo. Chiudo la tristezza in fondo alla valigia e l’affogo in questo oceano che scava sotto i piedi e si solleva in onde come se gli battesse il cuore.
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