Piante grasse rustiche cioè resistenti al freddo

Sta arrivando l’estate e sembra fuori tempo parlare di freddo? ASSOLUTAMENTE NO! Occorre preparare in anticipo le aiuole invernali per dare tempo alle piante grasse rustiche di adattarsi.

Dopo aver letto decine di articoli a proposito di piante grasse RUSTICHE sento di poter affermare che questo è un termine veramente da elasticizzare un po’ per adattarlo a noi.

Si definiscono piante grasse rustiche quelle che possono vivere, o almeno sopravvivere in pieno campo per tutto l’anno.

È chiaro che interpretando alla lettera, senza alcuna postilla, per le nostre grasse il tema si riduce a tutti i sempervivum, qualche sedum ed Euphorbia e poche opunzie. Decisamente poco per la nostra passione. Meglio sperimentare, magari creando …un campo adatto.

Ma come farlo? Tra le nostre piante abbiamo esemplari magari unici o troppo giovani o forse adatti ma…tutti troppo di famiglia per essere sacrificati!

Solitamente i miei esperimenti durano fino a metà novembre cioè fino a quando le piantine mi guardano con aria così “raffreddata” da costringermi a desistere.

Sicuramente meno doloroso utilizzare le esperienze altrui, ma le condizioni climatiche sono diversissime, anche a pochi km di distanza. Basta la leggera corrente d’aria presente nel letto dei fiumi per cambiare l’intensità della nebbia per cui, da Bannone a Lesignano ( 2 km in linea d’aria) c’è uno scarto di …molte agavi, mammillarie, echinopsis ecc. ecc. per questo motivo le indicazioni di vari cataloghi qualche volta ci hanno delusi.

Per quanto riguarda il “pieno campo” dalla definizione iniziale, occorre ricordare che il nostro terreno argilloso è asfittico e mal drenato per le esigenze delle succulente.

Creare il luogo adatto per le piante grasse rustiche

Indispensabile quindi creare una roccaglia  per svernarle all’aperto.

Purtroppo la roccaglia non può essere composta solo da un paio di sassi come pensavo (considerate le mie forze) ma deve essere abbastanza alta da permettere il rapido scolo delle acque e avere una buona pendenza verso sud per catturare tutti i raggi del sole.

Per limitare le inevitabili perdite occorre:

  • conoscere il luogo di provenienza delle piante (non solo altitudine ma anche longitudine)
  • utilizzare piante non molto giovani e non troppo vecchie
  • predisporre le “aiuole” in primavera per permettere all’apparato radicale di svilupparsi al meglio durante l’estate
  • concimare in settembre con potassio e fosforo per irrobustire la pianta e aiutarla nel lavoro di concentrazione dei succhi cellulari che evita la formazione di ghiaccio all’interno degli articoli
  • tenere le piante in serra fredda l’inverno precedente l’impianto definitivo all’aperto
  • ricordare che oltre all’intensità del gelo è importante, per la sopravvivenza delle cellule, il suo protrarsi in ore e giorni, quindi possiamo aiutarci con qualche telo di tessuto non tessuto come pronto soccorso per allentarne un po’ la morsa in annate eccezionali.

Gli studi più approfonditi che ho trovato sono stati fatti in zone della Francia in cui gela per  circa due mesi l’anno, quindi un po’ meno che da noi, ma loro, i fortunelli, non hanno nebbia e su questo dovremo sperimentare…in proprio.

RESISTONO AL GELO SCOPERTE

 *CYLINDROPUNTIA Imbricata(-24), whipplei, kleiniae, davisii, leptocaulis, viridiflora

 *SEDUM acre, sexangulare, album, telepiastrum, reflexum vive in Russia!,spurium, forsterianum, alpestre, telephium (ha tuberi che in primavera riformano la pianta apparentemente morta durante l’inverno)

  *GYMNOCALICIUM bruchii, gibbosum, brachypetalum

  *NOTOCACTUS submammulosus

  *OPUNTIA humifusa, fragilis, polyacantha, ericacea, macrorhiza, aculEata (tutte le opunzie americane vengono dalle montagne rocciose al nord del 31° e 34° parallelo, quasi una garanzia!), tuna (teme più la siccità del freddo), huajapensis e joconostele(gelano a -5 ma poi ricacciano e i nuovi polloni sono più resistenti), compressa (-26!), Scheeri.    

  *TEPHROCACTUS darwinii

RESISTONO ALL’APERTO SE PERFETTAMENTE ASCIUTTE

   *AGAVE parryi, utahensis, neomexicana, arizonica, americana, toumeyana,victoria reginae, leopoldii

   *ANACAMPSEROS una vera sorpresa!!!

   *ARIOCARPUs fissuratus(-10)

   *ASTROPHYTUM myriostigma(-5)

   *ECHINOCEREUS viridiflorus, reichembachii, triglochidiatus

   *ESCOBARIA vivipara(-23), missouriensis

   *CAMAECEREUS silvestrii

   *CARNEGIA

   *DELOSPERMA cooperi, nubigeum

   *DINTERANTHUS (-4)

   *PEDIOCACTUS E SCLEROCACTUS con suolo secco resistono fino a – 12

   *CORIPHANTA sulcata, macromeris, durangensis

   *CRASSULA sarcocaulis

   *ECHINOCACTUS grusonii (-4)

   *ESCOBARIA vivipara, leei

   *FENESTRARIA (-4)

   *GYMNOCALICIUM saglionis, cardenasianum

   *GRAPTOPETALUM paraguayensis

   *LEWISIA

   *MAMMILLARIA heideri, wrightii, grahamii, viridiflora, senilis, lauii, dasyacantha

   *OBREGONIA denegrii (-7)

   *OPUNTIA ericacea, basilaris, polyacanta var. rufida, clorotica, engelmannii, macrocentra, tuna ( resiste bene da noi anche protetta solo da un telo), phaeacantha (la varietà    comanchica resiste a – 15).

    *ORTEGOCACTUS –7

    *TALINUM

    *THELOCACTUS macdowelli

    *TITANOPSIS –4

 

Tollerano sporadiche gelate

    *YUCCa filamentosa, glauca

    STANNO BENE IN SERRA FREDDA

    *ALOE saponaria, ristata, brevifolia

    *CLEISTOCACTUS, COOYOCACTUS, ECHINOPSIS, GYMNOCALICIUM,  LOBIVIA, OREOCEREUS, PARODIA, REBUTIA, TRICHOCEREUS, WEIGARTIAE, WIGGINSIA, qualche CEREUS e qualche NEOPORTERIA, GEENOVIA (-6), THELOCACTUS macdowellii

    *EUPHORBIa dendroide, resinifera

    *LEWISIA

Per quanto riguarda la temperatura della SERRA RISCALDATA , l’esperienza che ho è lunga 20 anni.

Mantengo una minima invernale da 5 a 7 gradi con puntate di massima a 37 nelle giornate soleggiate di gennaio.

Non bagno (orrore!!! Nemmeno le haworthie! per non creare umidità pericolosa per le cactacee) da fine ottobre al 28 febbraio. Arriviamo (io e le piante) alla ripresa vegetativa senza danno, è capitato di dover fare trattamenti preventivi con fungicida per paura di non saper gestire al meglio l’areazione invernale

Tornando alla rusticità, ricordiamoci che, a volte, bastano un muretto, una siepe, addirittura un grosso vaso per avere una zona più dolce. RICORDIAMO CHE NELLE ZONE MOLTO NEBBIOSE TUTTO QUANTO ABBIAMO DETTO FIN QUI VA RIDIMENSIONATO: le piante “bevono” la nebbia e rischiano molto di più.

Sono sicura che sperimentando personalmente troveremo angoli riparati, sicuri e unici, nei nostri spazi, per creare nicchie di coltivazione molto soddisfacenti.

Lo spirito di sopravvivenza delle nostre piante ci stupirà ancora!!!!

Naturalmente per tutte le centinaia di piante che sono rimaste fuori da questa breve lista attendo notizie delle vostre ricerche. Partendo dalla convinzione che sono escluse “dall’aperto” in Europa solo le piante equatoriali come melocactus, Uebelmannia e peresckia c’è parecchio da provare, anzi, ricordo di aver visto non so dove una bella foto di melocactus sotto la neve. Certo sarà stato un evento straordinario, però…è stato! Quindi…

                                      BUONA COLTIVAZIONE!

Parliamo di (piante) grasse: vi presento il mio libro

PARLIAMO DI piante GRASSE! Chissà se c’era bisogno di un altro manuale e per di più SENTIMENTALE!

manuale sentimentale

Io dico che ce n’era bisogno ma sono un po’ di parte. A me i libri non bastano mai, come le piante del resto. Certo, il mio è molto speciale (pare strano detto dall’autrice vero?). Mi piace scrivere e mi piace coltivare e parlare di piante grasse, ho unito le due passioni e ho scritto le risposte alle domande che quotidianamente mi vengono rivolte in serra. Ho poi aggiunto per ogni pianta quello che non voglio dimenticare ossia l’emozione nel “trovarla” e difficoltà e gioie della coltivazione.

consigli “generali”

partendo dalle domande ricorrenti ho cercato di fare entrare la logica nella ricerca della risposta perchè ogni appassionato possa raggiungere un minimo di autonomia nella cura delle piante grasse, le cose semplici a volte ci sfuggono.

e poi 65 piante grasse illustrate

tanti racconti sul come, dove e perché ho comprato proprio quell’esemplare e 65 piante raccontate in schede illustrate dalla bella mano di mia figlia. Ho poi aggiunto qualche foto messicana che mi ha fatta sognare solo rispolverandola. Le piante sono una grande emozione, qualche volta fatica e delusione ma vale la pena anche di raccontare i successi mancati e le speranze disilluse. A qualcuno potrebbero servire per non arrendersi.

EMOZIONE!

Sono stata assente dal blog e anche dalla serra per molto tempo, è un momento molto difficile per la mia famiglia ma ho portato avanti questo lavoro ugualmente, spesso con le lacrime agli occhi. Questo è un momento magico per la mia scrittura e il bello bisogna sempre tenerselo stretto perché consola. Scegliere la copertina tra migliaia di foto incastrate tra pc e cellulare, indovinare la fatica dell’editore nel fare l’editing ed essere grata (come avrete capito leggendo il blog io non so mettere le virgole), vedere l’impaginazione e infine annusare la stampa fresca… è stato bellissimo!

la copertina del libro parliamo di piante grasse mostra un bocciolo di stapelia gigantea

mettersi in gioco

confesso: non sono più una ragazzina, forse per questo è così difficile mettersi in gioco, uscire dal nascondiglio sicuro dietro il monitor e presentare al pubblico quello che ho scritto. Sono un po’ spaventata ma lo farò perché questo libro mi piace e ne sono orgogliosa. Lo potete trovare in vendita nel sito della casa editrice: https://www.delfinoenrileeditori.com/prodotto/parliamo-di-piante-grasse/ QUESTA è LA VIA MIGLIORE PER SOSTENERE L’EDITORIA INDIPENDENTE, oppure ordinandolo in libreria o online. Probabilmente su amazon potrete ordinarlo ma non riuscirete ad averlo per via di una divergenza di ideali. La politica di amazon non è compatibile con quella che la casa editrice porta avanti.

BUONA LETTURA E BUONA COLTIVAZIONE

Piante grasse: quello che rimane (quando andiamo via)

Piante grasse ovunque, bellissime, ordinate, curate, amate

piante grasse stupende, collocate nello spazio con l’esposizione più giusta, nel terriccio più adatto a loro. Ecco che cosa rimane delle nostre collezioni quando è ora di andare via.

solo nelle vecchie collezioni si possono vedere piante con decine di teste


Un grande collezionista se n’è andato poche settimane fa, all’improvviso, senza rumore… come era nella sua indole. Ecco dunque come si fa, semplicemente si lasciano i sacchi del terriccio aperti, la paletta dentro il secchio della lava,  i vasi puliti bene impilati per misura, in ordine crescente. Le etichette  pronte per essere scritte,  il setaccio pieno di corteccia  da calibrare.

questa pianta è stata spostata in primavera e autunno per almeno  30 anni

Un grande privilegio

Ho avuto il grande privilegio di prendere in consegna queste piante. In un primo momento ho pensato che avrei scelto gli esemplari da tenere e quelli da vendere, ho creduto che fossero “solo piante”,  in fondo me ne passano per le mani migliaia ogni anno e sono il mio lavoro, oltre che la mia passione.

Conoscevo e ammiravo questa collezione da ventidue anni, da tanto ci conoscevamo, ne avevo seguito la crescita di stazza e di numero, tra una mostra e l’altra, tra una deliziosa cena e l’altra, l’uscita in primavera e il ricovero autunnale.

Ci conoscemmo nel 1996, Lui e la moglie organizzarono una mostra e contattarono i collezionisti della zona per fare gruppo. Da allora le piante hanno scandito il nostro tempo e sono state il filo conduttore della nostra amicizia. Per Lui erano una priorità. Non era uomo di tante parole, anzi, a volte dava l’impressione di considerarle inutili, credo esprimesse i suoi pensieri nelle cose che faceva più che verbalmente. Interrompeva  un attimo il suo lavoro per un saluto e poi a parlare eravamo  io e sua moglie ormai diventate carissime amiche.

Questa volta non c’è stato il tempo per salutarsi ma ho letto tante cose nelle sue piante. La precisione e la cura hanno parlato tanto. C’erano sostegni inventati sul bisogno di ogni forma bizzarra, c’era un posto preciso per ognuna di loro e la volontà di lasciare le intruse nate per caso a incastrarsi come in natura.

questi semi di Astrophytum sono “caduti” sotto un Cephalocereus e sono stati lasciati lì…perché così è in natura

Decisione inevitabile

Toccandole ho pensato molto a quello che sarà della mia collezione e a quello che vorrei che fosse.

Ho deciso di non venderle, saranno piante madri o semplicemente “le piante di Alide” perché la collezione non si disperda, è stata troppo amata per fare una cosa del genere.

Solo dopo aver preso questa decisione la malinconia si è affievolita, il magone si è sciolto  e sono riuscita a guardarle senza tristezza, per quella grande meraviglia che sono.

Forse non c’era nemmeno bisogno di salutarsi, tanto poi ci si ritroverà in un’altra stagione,  e si riprenderà quel  discorso lasciato in sospeso: qual’è la percentuale giusta di torba per le asclepiadaceae?…e per i cactus invece?

 

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