Le asprelle per noi parmigiani sono un rito di febbraio, o almeno di quando si scioglie la neve. Un cibo povero per definizione ma ricchissimo di proprietà. Una passeggiata in un prato vecchio o in un incolto, è sufficiente per un ricco bottino di Cichorium intybus, cioè asprelle. “Aspre”, sapore inconfondibile, molto diverso da quello del tarassaco, Taraxacum officinale, col quale vengono spesso confuse.
La confusione alla raccolta viene dal fatto che le foglie primaverili sono simili perché entrambe roncinate pennate. Appartengono alla stessa famiglia, sono Asteracee, ma mentre le foglie invernali delle asprelle hanno portamento prostrato il tarassaco è eretto.
Impossibile confonderle durante la fioritura. Fiore azzurro per le prime, fiore giallo per il soffione.
Cichorium intybus, asprelle, grugn
Taraxacum officinale, dent ad leòn, pitaciò
Tradizionalmente la cicoria si condisce con pancetta di maiale soffritta e aceto. Noi sostituiamo al povero maiale un ragù di seitan e non ci facciamo mancare l’aceto che ne esalta l’amaro.
In tempi di povertà la radice della cicoria veniva utilizzata per fare una bevanda molto simile al caffè.
Queste deliziose erbe buone si possono coltivare anche in vaso, cosa abbastanza rara vista l’abbondanza nelle nostre campagne.
I semi sono reperibili nei cataloghi più prestigiosi oppure direttamente nei campi.
Vi consiglio caldamente di non usare l’imperativo “va par spréli” per invitare qualcuno ad andarvi a raccoglierle la cicoria perché la frase contiene un significato popolare poco gradevole 🙂 🙂