Guacamole: seguiamo la ricetta classica messicana e serviamolo con tortillas, totopos, stria e piadina romagnola, su una tovaglia coloratissima.
Guacamole, un pretesto gustoso per sentirsi in Messico.

Amo dei giovani, gli embrioni di progetti che custodiscono. I viaggi che faranno, i sogni che realizzeranno, o che culleranno per sempre. Amo dei vecchi i loro ricordi, le luci delle immagini che hanno visto e ancora brillano nei loro occhi.
…e poi ci siamo noi, che da ragazzi non abbiamo viaggiato, non ancora vecchi abbastanza per smettere di sognare (succederà mai?) e non abbastanza giovani per partire, lasciando a casa i brutti pensieri. Abitanti di un’età di mezzo, che non è più forte, e non è ancora debole.
Novembre è stato, per alcuni anni, il nostro “mese del viaggio”. Il viaggio non poteva essere altro che “al Messico”, per amore delle piante, per i colori o forse per atavica memoria. Per questo, da novembre, inizia la malinconia e la caccia all’atmosfera. Ripesco il tappeto messicano, rigorosamente a righe, di colori improponibili, che funzionano a meraviglia come catarifrangenti, nel grigio di bassa collina padana. Indosso gli orecchini comprati alla barranca del cobre e preparo guacamole. Non si evoca bene nulla, senza passare dalla cucina.
Il cibo per ricordare
La mia ricetta del guacamole è semplicissima, fresca e “luminosa”, come il mercato dove l’ho assaggiata la prima volta a Coyacán.

Ci misero sul tavolo un piatto di cartone, infilato in un sacchetto da congelatore. In questo modo, il piatto usa e getta, può essere riutilizzato all’infinito, senza lavarlo, semplicemente sostituendo il sacchetto. Sul banco, davanti a noi, una fila di terrine piene di salse colorate. In mezzo al deserto di presenze di metà novembre, una signora anziana scaldava sorridendo tacos e tortillas. Fra le terrine, qualche fiore in un barattolo di latta, disposto senza arte, con gentilezza semplice.

C’è anche un “altro” Messico da vedere, fatto di zone hotelere e lusso sfrenato, ma non è nelle nostre corde e, passandoci dentro ogni tanto, ci siamo sentiti turisti, nel senso consumistico-dispregiativo del termine, osservati senza sorriso, trattati a distanza, come inquinatori e guardoni senza empatia, a cui spillare soldi con disprezzo.
ricetta:
Guacamole:
2 avocado maturi (passando il cucchiaio la polpa deve staccarsi bene dalla buccia)
uno spicchio di aglio
uno scalogno e una piccola cipolla (è molto interessante vedere che in Messico non si limitano all’uso di una cipolla, miscelano diverse varietà, arricchendo così il bouquet di profumi e sapori)
10 pomodorini datterini o simili, privati della pelle
4 foglie di coriandolo
cumino, pepe, un peperoncino (se non è destinato a bambini, ma è buono anche senza)
un lime (o mezzo limone ben maturo)
tritare finemente aglio, cipolla, peperoncino, scalogno e coriandolo, aggiungete i pomodorini tritati grossolanamente e il succo di lime.
Pestate… anzi, “spiaccicate” gli avocado, insieme alla buccia grattugiata del lime. Io uso un’ apposita terrina a “maialino” che ho comprato a Puerto Escondido. Ha il fondo zigrinato, proprio per ridurre la polpa dell’avocado in crema, senza tagliuzzarlo, come farebbero il robot da cucina o il coltello.
Miscelate tutto con cura e lasciate riposare in frigorifero per almeno un’ora, meglio un giorno. Tradizione richiede che la midollona dell’avocado venga nascosta nel guacamole, per rallentarne l’ossidazione.

buen provecho W Mexico!!!
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