Annaffiare le piante grasse: diamo il via alla stagione delle piogge

Le giornate si allungano, a marzo si ricomincia ad annaffiare, l’operazione che decide della loro salute e bellezza.

Annaffiare finalmente!!! Le piante sono molto disidratate, anche se meno di come sarebbero in natura, le nebbie padane riescono a entrare anche in serra e tonificano un po’. Molte  hanno perso parte delle radici capillari e hanno raggrinzito l’epidermide. Abbiamo imitato meglio che potevamo la stagione asciutta, hanno “sentito” attraverso il gran secco, che non era tempo di vegetare. Si deve fare questo perché a metà pomeriggio d’inverno è già buio e anche il resto della giornata ha luce fioca, non  adatta alla vegetazione senza luce artificiale.

Cosa si dovrebbe fare? (predicare bene e…)

Sarebbe buona cosa separare le piante a vegetazione estiva e invernale, i cactus dalle succulente, le asiatiche dalle americane e via così. Caso per caso, arriveremmo ad avere una serra ordinata,  suddivisa in cellette in cui coltivare: ricadenti da sole,  rampicanti da sole ecc. ecc. Questo sarebbe il massimo per una coltivazione “da laboratorio” in cui nebulizzare acqua arricchita, a ognuna il giusto per lei,  su substrato inutile. Mi sono accorta che sto descrivendo la coltivazione industriale che non fa per me.

…  fare quello che ci dà soddisfazione!

La nostra serra ha un che di selvaggio, rampicanti che afferrano le ricadenti e se le sposano x vivere erette, piante da ombra che si nascondono dietro le alte, per proteggersi dal sole; invadenti coraggiose che migrano di vaso in vaso allungando stoloni, dove piace a loro. Germogliano semi, sparsi qua e là nei bancali dove sono caduti da soli. Abbiamo piante che dovremo potare perché spingono il soffitto, all’altezza di 6 metri, per sporgersi verso il cielo.  Questo è quanto di più lontano possa esistere da una coltivazione “ordinata”. Il caos organizzato che si sono costruite, è il risultato di 35 anni di coltivazione amatoriale, appassionata.  Spesso, in questa giungla, dimentico che questo è anche il mio mestiere!

“L’annaffiare” da cui siamo partiti, da noi  si fa “guardando in faccia” le piante, una per una.  Arriva il doccino!!! Qualcuna avrà bisogno solo di un rapido spruzzo, effetto rugiada, qualcuna  andrà bagnata benissimo, quelle appese riceveranno doppia doccia, perché in alto fa più caldo e i vasi contengono poca terra. Una sorta di bagno-pasto calibrato a mano, magari, perché no, anche parlandosi e ascoltandosi. Una coltivazione amorosa.

 

Si comincia ad annaffiare gradatamente, dando alle piante il tempo di ricostruire l’apparato di radici capillari idoneo a nutrirsi attraverso l’acqua. Quando tutto è in piena vegetazione, si può procedere con annaffiature più abbondanti e, (solo quando serve davvero) con le concimazioni. Qualcuna, ad esempio le haworthia, arriva raggrinzitissima a primavera, però non le bagnamo per non creare umidità alle euphorbie. Da noi ci si adatta 🙂

con amore

Mi accorgo rileggendo, che questo, più che un articolo informativo,  è una lettera d’amore. Queste piante mi hanno accompagnato negli alti e bassi della vita, mi hanno aspettato quando non riuscivo a curarle, incoraggiato quanto ne avevo bisogno. Sono state generose e amorose,  mi hanno insegnato che non importa quanto lunga sia stata la siccità e impervio il terreno,  sempre si può tornare a fiorire.

 

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