prima di conoscere Ceropegia woodii non sapevo esattamente cosa significasse viaggiare leggeri. Si, lo avevo capito ma non fino in fondo, non “davvero”.
Io sono sempre piena di bagagli, pesanti e mal legati. Porto quelli del passato, sgualciti e incrostati di licheni e poi, uno ad ogni passo, quelli ancora da vivere, già gravi ad ogni risveglio.
Ceropegia woodii scende dal suo piccolo vaso appeso, si fa strada coi suoi cuori di foglia (semplicemente passando dove capita) fiorisce, fruttifica e poi i semi volano via leggeri. Volano senza altro bagaglio che due millimetri di tegumento pieno di geni, appesi a un pennacchio che non ha peso nè futuro. Si affida al fiato del vento primaverile o alla bonaccia umida d’estate. Cadranno vicino? Lontano? Non lo sa, ma si affida e partono, per nascere ancora e ancora.

Coltivazione
Ceropegia Woodi ama l’ombra e la mezz’ombra, resiste al sole (se la si abitua gradualmente) ma vira al rosso denunciando la sofferenza. Rimane in vegetazione tutto l’anno se la temperatura invernale non scende sotto i 12 gradi e se quella estiva non va oltre i 35. Se fa troppo freddo o troppo caldo si libera della vegetazione ed entra in una specie di letargo o estivazione che le permettono di conservare vitale il bulbo che vegeta rasoterra. Sta bene in terra da cactus leggermente arricchita.
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Fruttifica facilmente, volendo provare la magica esperienza della semina occorre tenere d’occhio i baccelli perché ad avvenuta maturazione si aprono, e basta un soffio d’aria per spargere al vento il prezioso carico di semi appesi all’ombrellino piumato. Non è un termine scentifico lo so. Si chiama pappo il pennacchio bianco usa e getta che si stacca appena il seme tocca terra, ma ombrellino mi piace molto di più. Volendo si può avvolgere il baccello con un tulle a trama fine per raccogliere i semi senza sorvegliarli di continuo.
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